Piantaggine: proprietà e usi di questa erba preziosa

Dott. Maria Di Bianco Di Dott. Maria Di Bianco
6 Min
Mortadella sandwich

La piantaggine è una pianta erbacea piuttosto piccola nelle dimensioni, con foglie lanceolate lunghe e affusolate o piuttosto tondeggianti, a seconda della specie. D’estate si presenta con boccioli a forma di spighe che contengono fiori bianchi o rasati, riuniti sulla cima dello stelo. Cresce spontaneamente ovunque sul nostro territorio e ha radici ben salde e profonde che si estendono nel terreno. Per questo è comunemente considerata un’erbaccia infestante. Eppure, possiede diverse proprietà benefiche per il nostro organismo che la elevano a pianta officinale.

Vediamole insieme.

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Plantago lanceolata.

Piantaggine: le proprietà di questa pianta spontanea

La piantaggine è nota fin dai tempi antichi per i suoi molteplici benefici.

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Ad oggi è provato il suo potere antinfiammatorio, mucolitico ed espettorante, cicatrizzante.

A garantire queste virtù, sono soprattutto i tannini, l’acido salicilico e le mucillagini, quelle stesse che le conferiscono un sapore simile a quello dei funghi quando viene cucinata.

Esistono molte specie di questa pianta, le più diffuse sono la Plantago lanceolata e la Plantago major, che differiscono leggermente per forma delle foglie (più allungata nella lanceolata). È facilmente riconoscibile grazie alle nervature (5) presenti sulla pagina superiore e inferiore, parallele e ben visibili.

Plantago major
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In entrambi i casi, le parti utilizzate sono quelle aeree, ossia fuori terra, ma anche i semi contengono proprietà interessanti, soprattutto nella Plantago psyllium. Lo psillio, infatti, è un lassativo molto noto in fitoterapia, ed è presente nelle spighe, ossia nelle inflorescenze che sbocciano in estate. I tannini e le mucillagini, invece, sono emollienti e sedativi, ottimi per curare i malanni ai bronchi e alla gola. Per le allergie alle vie respiratorie, può essere utile l’aucubina presente, perché agisce come calmante.

Le preparazioni più comunemente diffuse prevedono il suo utilizzo come infuso o tintura madre in queste dosi:

  • 2 cucchiaini di piantaggine secca in acqua bollente per 10 minuti da ripetersi fino a 3 volte al giorno;
  • o 30/40 gocce diluite in un liquido fino a 3 volte al giorno.

È possibile, inoltre, realizzare uno sciroppo casalingo, ma molto efficace, contro la tosse secca o grassa, utilissimo ai primi freddi. Qui il link alla ricetta.

Le foglie fresche possono essere applicate direttamente sulla pelle per curare punture di insetti, herpes o acne per le loro virtù lenitive e calmanti.

Non ha controindicazioni, a meno che non ci sia un’ipersensibilità personale.

La piantaggine nella storia

Si suppone che la piantaggine lanceolata fosse presente già 5.000 anni fa: analisi archeologiche sulle torbiere dimostrano che fiorisse abbondantemente, ma le prime testimonianze del suo utilizzo, a scopo terapeutico, risalgono al III secolo avanti Cristo. È Teofrasto a raccomandarne l’uso come collirio per gli occhi stanchi; ai tempi veniva spremuto direttamente il succo dalle foglie fresche.

Plinio la annovera tra le “erbe magiche” e ne consiglia l’utilizzo curativo.

Il suo impiego in cucina, invece, è documentato per la prima volta da Dioscoride (I secolo d.C.) che la menziona in una zuppa con le lenticchie, come pietanza medicinale per combattere la dissenteria.

Da allora, la sua presenza nell’alimentazione contadina è un leitmotiv che attraversa i secoli, per la sua facilissima reperibilità e la sua completa gratuità. Per raccoglierla, basta recarsi in un prato, lungo i sentieri, in terreni incolti. Cresce facilmente e abbondantemente alle nostre latitudini.

Il nome deriva dal latino planta e allude alla similitudine tra le sue foglie e la pianta del piede.

Presso la Scuola Salernitana, i cerusici la somministravano alle donne che soffrivano di cicli dolorosi; Alberto Magno (illustre medico del XIII secolo) la elesse a rimedio contro il morso dei serpenti e le punture di scorpioni.

Ma dobbiamo arrivare al XVIII secolo per assistere ad una classificazione scientifica di questa pianta, Auguste François Chomel ne studiò i reali benefici e iniziò ad applicarla su ferite e contusioni, documentando risultati incoraggianti per una pronta guarigione.

Ma la piantaggine è anche una prelibatezza in cucina, scopriamo come impiegarla nelle ricette.

Gli usi in cucina

Tutto inizia dalla raccolta: per utilizzare la piantaggine nelle ricette il consiglio è quello di scegliere le foglie più tenere, sono le meno amarognole e ricordano per sapore i funghi freschi.

Anche le infiorescenze (le spighe, insomma) possono essere impiegate nelle ricette e hanno un gusto simile alle foglie. Si prestano ad essere inserite come ingrediente nelle zuppe, nei minestroni, nelle vellutate, ma possono essere consumate anche crude in insalata o saltate in padella come gli spinaci, o per preparare un pesto sfizioso con le mandorle, seguendo la stessa procedura per il classico pesto genovese.

È possibile anche essiccarla lasciandola esposta all’aperto, ma in un luogo fresco e riparato dai raggi diretti del sole per evitare che la clorofilla evapori totalmente. Una volta secche, le foglie possono essere utilizzate in infuso.

Non lasciamoci scappare la possibilità di sfruttare al massimo questa pianta, prezioso dono di Madre Natura.

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Classe '91. Laureata con lode in Tecniche Erboristiche presso L'Università degli Studi di Salerno e specializzata in Scienze dell'Alimenti e della nutrizione Umana presso la Seconda Università di Napoli.