Non si può non amarla: la pasta alla gricia, con il suo condimento corposo che si insinua tra i bucatini, avvolge il guanciale e ingolosisce solo a guardarla, è uno dei primi piatti laziali più apprezzati.
Vale la pena allora imparare a prepararla come da manuale, e credetemi, non è così facile come sembra a prima vista! Serve un trucchetto segreto, tramandato da generazione a generazione e codificato, per così dire, per renderla cremosa come tradizione impone.
I capisaldi della pasta alla gricia
Siamo di fronte a un piatto “povero”, i cui ingredienti erano gli unici di immediato consumo per i pastori del Lazio: pasta, guanciale e pecorino rigorosamente romano, nulla più se non una spolverata di pepe.
Appare immediatamente chiaro, allora, che non si può prescindere dalla qualità. Non lesiniamo, optando un primo prezzo! Non sostituiamo il guanciale con la pancetta, non hanno lo stesso sapore. Rosoliamolo a fiambma dolcissima per una decina di minuti, senza aggiungere né olio, né burro. Sarà il grasso sciolto a fare da fondo.
Il passaggio cruciale consiste nella mantecatura: la pasta va scolata molto al dente e dobbiamo finire di cuocerla nella padella con il guanciale, incorporando acqua di cottura e poi, a fuoco spento mantechiamo con una sorta di crema di pecorino e pepe, fino a formare una fantastica crema.
Per il formato, non ci sono regole fisse: possiamo variare a seconda delle nostre preferenze. Corta come le mezze maniche, lunga come gli spaghetti, i tonnarelli, i bucatini, all’uovo, perché anche le tagliatelle si sposano divinamente con la gricia.
Un po’ di storia.
Sull’origine del nome esistono due diverse teorie, entrambe attendibili.
La prima, la più immediata lo collega la paese di Grisciano. Si tratta di una frazione di Accumuli, nella provincia di Rieti. Pare che questa pasta, tra le altre ipotesi, sia originaria esattamente di questo luogo, tant’è che il 18 agosto a lei è dedicata una Sagra amatissima e attesissima.
Facciamo un salto indietro nel tempo, siamo nel 1800. Grisciano si trova tra i valichi di Marche e Abruzzo, sul confine tra lo Stato Pontificio e il Regno Borbonico ed è una stazione dell’antica via Salaria. Da qui passavano i mercanti, gli eserciti, i viandanti. Qui, una volta gustato il piatto tipico dei pastori (la popolazione del posto viveva di allevamento), gli avventori delle osterie ne restavano talmente rapiti da decantarne il sapore ovunque andassero. La pasta Grisciana, alla Griscia, nei passaparola perse la S e si trasformò in Gricia!
C’è anche chi sostiene che l’appellativo sia legato al “Gricio”, un termine che nella Roma del 1400 indicava i panettieri. Il griscium era, infatti, una sorta di grembiulaccio grigio che proteggeva e nascondeva l’abbigliamento trasandato dei garzoni.
Chi lo sa?! La verità è che Grisciano a Amatrice si contendono da sempre il primato per il miglior primo del Lazio, tant’è che la gricia viene spesso chiamata amatriciana bianca. Ma la ricetta più antica, storica, quella che ha dato origine alle varie varianti, è senza pomodoro, introdotto sulla nostra penisola dopo 1807, come spiega il gastronomo francese Grimond de la Reynière che in quegli anni visitò la nostra nazione.
Come la si veda, poco importa, siamo davanti ad una specialità che nel 1974 l’immenso Aldo Fabrizi omaggiò con un sonetto dal titolo inconfondibile “La pastasciutta”, eccovi i passaggio in cui la cita:
“Mo te consijo ‘na cosetta cicia ma bona, pepe e cacio solamente, che cor guanciale poi se chiama gricia”.
I tempi
Preparazione: 10 minuti
Cottura: 15 minuti
Totale: 25 minuti
Gli ingredienti
Per soddisfare 4 persone procuriamoci:
- 360 gr di pasta
- 200 – 250 gr di guanciale (fette spesse 1 cm da tagliare a listarelle)
- 95 gr di pecorino romano
- mezzo bicchiere di vino bianco dei castelli
- pepe nero da macinare (meglio un mix di pepe in grani)
- sale
La preparazione della pasta alla gricia
Il procedimento per la gricia è velocissimo, tanto che rientra tra i primi piatti da preparare quasi quotidianamente, ma dobbiamo dedicare un’attenzione particolare alla realizzazione del condimento come vuole la tradizione. Quindi seguiamo con cura tutti i passaggi chiave.
Iniziamo, mettendo a bollire un tegame contenente abbondante acqua, leggermente salata. Non esageriamo! Il guanciale e il pecorino garantiranno da soli la giusta sapidità.
Ora dedichiamoci al guanciale tagliamolo a listarelle, tutte delle stesse dimensioni, pari a circa 1 centimetro. Sistemiamolo in una padella antiaderente, ben capiente, dove finiremo di cuocere anche la pasta. Rosoliamo a fiamma dolcissima in modo che rilasci il suo grasso. Ci servirà come fondo aromatico del condimento. Quando il guanciale è ben croccante, preleviamone una metà e mettiamola da parte, il restate lo sfumiamo con due dita di vino bianco, lasciamo sfumare completamente l’alcool.
Caliamo la pasta e controlliamo bene il tempo di cottura, circa 3 minuti prima rispetto al tempo di cottura indicato sulla confezione.
Grattugiamo il pecorino in un recipiente, maciniamo e aggiungiamo anche il pepe; versiamo un mestolo di acqua in una ciotolina, lasciamola intiepidire, poi mescoliamola con il formaggio ed il pepe per realizzare una sorta di crema. Mi raccomando l’acqua non deve assolutamente essere bollente per non cuocere il pecorino, rovinandone il gusto.
Torniamo alla pasta, scoliamola, ma conserviamo rigorosamente l’acqua. Trasferiamola nella padella col guanciale. Risottiamola, ossia cuociamola a fiamma medio alta, aggiungendo man mano un mestolo di acqua di cottura. Quando risulta al dente. Portiamola a cottura, poi, spegniamo il gas e allontaniamo la casseruola dai fornelli. Contiamo una trentina di secondi e incorporiamo la crema di pecorino e pepe per mantecarla. Se risulta troppo densa, smorziamola con l’acqua di cottura per renderla della densità perfetta.
Impiattiamola, guardiamola con il guanciale tenuto da parte ed il rimanete pecorino, godiamoci questo capolavoro!
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