La piadina o piada è l’emblema stesso della Romagna: un alimento semplice, di una modernità unica, entrato a piè sospinto tra i cibi appartenenti al filone dello street food, consumabili, cioè passeggiando per le vie delle città. Ma affonda le sue radici nell’antichità.
Vediamo, insieme, ogni particolare di questa ricetta.
I capisaldi della piadina
La ricetta prevede l’uso di pochissimi, ma precisissimi ingredienti a partire dalla farina. Qui, però, la scelta è duplice: c’è chi ama utilizzare la farina 00 per una resa meno rustica e chi la 0 per una risultato più grezzo.
Sale, acqua, strutto e bicarbonato completano un elenco davvero scarno, come si confà ai piatti così della cosiddetta cucina povera, che povera non è come abbiamo avuto modo di ribadire più volte, perché ricchissima di gusto.
Ciò basta, infatti, a regalare alle papille gustative una sinfonia di sapori che si completa con una farcitura a scelta: salumi, formaggi, verdure a seconda delle preferenze personali, anche se da tradizione il ripieno originale è a base di cavoli lessati con olio, aglio, rosmarino, salsiccia ai ferri o coppa.
Riguardo allo spessore, al giorno d’oggi è ammessa una variazione davvero interessante, dettata dalle abitudini locali: si parte da un massimo di 6-8 mm delle zone di Forlì e Ravenna, ad un minimo di 2-3 mm a Rimini.
La storia antica.
Le basi per la piadina romagnola nella storia della cucina risalgono addirittura al 1200 a.C.
Sono gli Etruschi a mostrare alla popolazione locale come cuocere i cereali. Tracce di un sostituto del pane realizzato con acqua e farine varie, cotto sotto la cenere e di forma circolare, sono state rinvenute nell’attuale Romagna. Fin da subito a convincere anche i Romani ad adottare questo cibo, è stata la semplicità di realizzazione e la facilità del trasporto. Poco importa, poi, che nel IV secolo a.C., prenda piede la coltivazione di cereali diversi dal grano e venga introdotto il lievito, la piada resta uno dei piatti preferiti in lungo e in largo nell’Impero, diffuso nei banchetti ufficiali e nelle cerimonie religiose.
Siamo nel I secolo a.C. e Virgilio, nel VII libro dell’Eneide, parla di una “exigua orbem”, un disco di pasta piuttosto sottile, abbrustolito prima, poi diviso in quadretti e consumato con carni e formaggi.
Con le devastazioni barbariche sulla nostra penisola e la caduta dell’Impero Romano, le abitudini dei nostri antenati si modificano, man mano, senza stravolgersi.
Tra il VI e il VII secolo, a Ravenna, si insedia l’Esarcato Bizantino, la circoscrizione amministrativa dell’impero di Bisanzio. Con lui arrivano anche vettovaglie, tra cui un “piatto lungo, una teglia”, che in greco (la lingua ufficiale) viene chiamato pláthanon “piatto lungo, teglia”. Per assonanza, da qui deriva il termine piada e il relativo diminutivo, piadina.
E siamo nel Medioevo: nel 1300. La peste e la carestia flagellano il nostro paese; le tasse sul grano costringono i contadini a servirsi di altri ingredienti: da mescolarsi alla farina come legumi secchi e ghiande. E la piadina torna centrale, tanto che nel 1371, a Modigliana, nel territorio di Forlì Cesena, il Cardinale Angelico, nella nota dei tributi dovuti alla Camera Apostolica, annota 2 piade.
È il primo documento storico in cui viene nominato specificatamente questo alimento.
Il successo della piadina oggi
Nel Rinascimento, questo alimento torna nell’oblio, surclassato da cibi più ricercati e raffinati, grazie all’uso del lievito e così sarà fino al XX secolo. L’utilizzo della farina di mais, miscelata a quella di grano tenero, in quei territori rilancia il consumo della piadina: a prezzi contenuti si può godere di un alimento sano e nutriente.
È il 1913, Maria Pascoli prepara al fratello Giovanni Pascoli, la sua ricetta personale e il poeta la eleva a somma a fama con una poesie a lei dedicata “La Piada”, definendola “il pane, anzi il cibo nazionale dei Romagnoli”.
Anche Moretti, poeta crepuscolare, la menziona in un suo scritto, di cui qui vi lasciamo uno stralcio: “La piada era la piada: era pane”.
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, fioriscono i luoghi di villeggiatura e la fama della costiera romagnola; la piadina inizia a conquistare il palato dei turisti. Nascono i primi chioschi, emblema della cultura gastronomica locale. La sua notorietà è ormai incontenibile.
E siamo a Raul Casadei, che la decanta nelle sue ballate, portando la Romagna in giro per l’Italia e non solo.
Inizia la sfida industriale: fioriscono laboratori che producono per un mercato più ampio e distribuiscono sull’intero territorio questa preparazione.
Per questo, nel 2014, il 24 ottobre per la precisione, il Consorzio di Promozione e Tutela, nato dai comuni intenti delle province di Bologna, Forlì Cesena, Ravenna e Rimini, formalizzano la ricetta e richiedono un sigillo per l’alimento simbolo della Romagna, ottenendo il riconoscimento che si tratta di un prodotto a indicazione geografica protetta dall’Unione Europea.
Tempi
La ricetta della piadina è velocissima.
- Preparazione: 5 minuti
- Cottura: 10 minuti
- Totale: 15 minuti
Gli ingredienti della piadina
Per 5 porzioni servono:
- 500 g di farina tipo 0 o 00
- 0, 70 g di ottimo strutto, possibilmente di Mora di Romagna
- 2 pizzichi di bicarbonato (3 g ca.) oppure 10 g di lievito in polvere per torte salate
- 8 g di sale tipo Sale Dolce di Cervia
- acqua q.b. (circa 250 ml, poi dipende dalla farina)
La preparazione
Per preparare le nostre piadine non dovremo far altro che mescolare tutti gli ingredienti, ma con questo procedimento. Prima versiamo la farina a vulcano sul tavolo di lavoro. A questo riguardo, vi abbiamo già anticipato che se desideriamo una resa delicata, meglio optare per la 00, per un risultato rustico, ricorriamo invece alla 0.
Realizziamo un buco al centro e lì inseriamo lo strutto a tocchetti, il bicarbonato o il lievito e il sale.
Iniziamo ad impastare con le mani, versando a filo l’acqua tiepida fino ad ottenere un panetto elastico.
Dividiamolo in 5 tocchetti di 150 grammi circa l’uno e stendiamoli con il mattarello, dobbiamo ottenere 5 dischi. Per riuscirci perfettamente, infariniamo di tanto in tanto il mattarello di modo che l’impasto non si attacchi, vanificando i nostri sforzi.
Per quanto riguarda lo spessore, può variare a seconda delle preferenze personali, da 6-8 millimetri come la si prepara a Forlì e Ravenna fino a 2-3 millimetri, la sottilissima di Rimini e Riccione.
Ora non resta che scaldare una padella antiaderente o una piastra liscia o una pietra refrattaria, senza aggiungere condimento alcuno. Sistemiamo la piadina e cuociamola a fiamma allegra per 2 minuti. Giriamola quando iniziano a formarsi le bolle, per farlo utilizziamo una forchetta.
Proseguiamo a cuocerla su ogni lato per qualche minuto, rivoltandola per due volte fino ad ottenere una doratura perfetta.
E ora, farciamola come preferiamo!
Volete un consiglio per un abbinamento perfetto? Accompagnatela con vino rosso, possibilmente un Sangiovese di Romagna DOC.
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