Il pesto alla genovese è un condimento unico nel suo genere. Si presta ad arricchire la pasta, le lasagne, ma anche le bruschette, profumando qualsiasi preparazione col il suo aroma persistente e invitante,
Le regole auree del pesto genovese
Per realizzarlo servono pochissimi ingredienti, è quindi ovvio che debbano essere di qualità.
Scegliete solo parmigiano reggiano dop, pecorino sardo, pinoli di Pisa o dell’area mediterranea, olio extravergine d’oliva, possibilmente taggiasca, aglio (la qualità Vasselico sarebbe ideale perché più delicata) e ovviamente LUI, il basilico, dal greco βασιλικόν , l’erba regale. Badate che sia di un bel colore verde acceso, integro e freschissimo, senza tagli e imperfezioni e asciutto, perché l’acqua rovina e annerisce le foglie, stropicciandole.
Se volete utilizzarlo per condire un primo veloce, prediligete trofie, trofiette o linguine che ben si prestano ad accogliere e valorizzare questo condimento.
Ma quali sono le origini di questa tradizione gastronomica che ha portato la Liguria nel mondo con un sughetto che l’intero pianeta ci invidia e tenta, vanamente, di scimmiottare?
Scopriamole insieme.
Le origini: un po’ di storia
Quando ho iniziato a curiosare tra i libri di cucina e le narrazioni dei genovesi non pensavo di trovare radici così antiche per un condimento moderno e al passo con i tempi.
Invece, i primi pestati d’aglio a base di erbe aromatiche risalgono addirittura agli antichi romani.
È Virgilio stesso che parla del moretum, un composto di formaggio fresco, aromi, sale, olio e aceto. Ovviamente non serviva per condire la pasta, arrivata a noi secoli dopo, ma per arricchire una sorta di pane realizzato con acqua e cereali. Altrettanto scontato è il fatto che non fossero ancora presenti parmigiano e pecorino, ma le basi per evolvere e trasformarsi nel sughetto che conosciamo oggi erano state ormai poste.
L’utilizzo delle erbe aromatiche spopola nel Medioevo, ai tempi i nobili le utilizzavano per condire i loro lauti banchetti, i poveri le coglievano nei campi o lungo il selciato per migliorare zuppe e minestre. L’aglio era molto diffuso sulle coste, nei porti di mare. Lo si pestava per ridurlo in poltiglia, unirlo al sale e all’olio e utilizzarlo come conservante dei viveri da imbarcare sulle navi a lunga percorrenza per garantire cibo commestibile ai marinai. Non solo, era considerato terapeutico e curativo dei malanni che potevano subentrare una volta salpati.
Probabilmente, veniva già mescolato con basilico e formaggi per creare una sorta di salsina corroborante, nascondendo in parte l’odore forte che emanava.
La prima ricetta stilata
Ma per poter documentare la ricetta tradizionale dobbiamo compiere un salto temporale e arrivare al 1852. Nel suo libro “ Vera Cuciniera Genovese”, Emanuele Rossi cita e riporta un condimento chiamato “Pesto d’aglio e basilico” in cui spiega passo a passo i segreti per una ricetta che ancora non contemplava il pecorino sardo, ma si “accontentava” di quello procurato dai pastori liguri della zona o del formaggio d’Olanda, non troppo pregiato e di basso costo. Era già considerato un alimento idoneo a tutte le classi sociali.
Da allora, con poche modifiche, è giunto ai giorni nostri quasi immutato nel procedimento e negli ingredienti.
Non manca, infine, la leggenda che lo eleva immediatamente (anche se non ne aveva bisogno) nell’olimpo dei cibi divini.
Nella zona di Prà, ora frazione di Genova, viveva un frate eremita in un convento dedicato a San Basilio. Si sostentava con i doni che la comunità dei fedeli gli elargiva. Un giorno mescolò basilico, pinoli e formaggi e con quel sugo condì il pasto. Nacque così il pesto.
Tempi di preparazione
- Preparazione: 20 minuti
- Cottura: assente
- Totale: 20 minuti
Se pensate che 20 minuti per preparare un pesto siano eccessivi, forse non considerate che la ricetta originale prevede l’utilizzo del mortaio (di marmo) e del pestello (in legno d’ulivo) per ridurre, a crudo, tutti gli ingredienti in poltiglia.
Vero è che con gli strumenti odierni potremmo utilizzare anche un robot da cucina (vi lascerò anche le istruzioni per questa variante moderna a fondo pagina), ma le lame rischiano di ossidare e surriscaldare le foglie. Il composto finale potrebbe presentarsi meno appetitoso, più scuro e non granuloso e invitante come tradizione vuole.
Vale la pena, allora, provare a realizzarlo con il procedimento originale.
Ingredienti per 4 persone
Con le seguenti dosi, condirete circa 500 grammi di pasta a scelta:
- 60 gr di foglie di basilico (fresco, perfettamente integro e asciutto)
- 2 spicchi d’aglio piccoli (qualità di Vasselico, dal sapore meno intenso e forte)
- 80 ml di olio extravergine (ligure DOP)
- 60 gr di Parmigiano Reggiano
- 40 gr di Pecorino (qualità fiore sardo)
- 30 gr di pinoli (1 cucchiaio da tavola)
- 3 gr di Sale grosso
La preparazione tradizionale del pesto alla genovese: il mortaio
Tutta la lavorazione del pesto alla genovese deve avvenire a temperatura ambiente.
Selezioniamo le foglioline di basilico, laviamole con acqua fredda ma delicatamente per non stropicciarle, romperle o annerirle e sistemiamole ad asciugare su di un canovaccio pulito. Teniamole a portata di mano.
Mettiamo l’aglio sbucciato sul fondo del mortaio ed i pinoli, poi iniziamo a pestare gli ingredienti fino a ridurli in crema. Aggiungiamo le foglie di basilico e i granelli di sale. Continuiamo a pestare, ma facciamolo delicatamente, ruotando il pestello intorno alle pareti: non dobbiamo spezzare o trinciare le foglie. Quando il basilico comincia a rilasciare un liquido verde brillante, inseriamo i formaggi e versiamo l’olio a filo.
Una volta raggiunto un composto granuloso e cremoso, fermiamoci: il pesto è pronto! Non prolunghiamo ulteriormente la preparazione.
Possiamo utilizzarlo immediatamente per condire trofie, trenette o linguine. Oppure conservarlo in frigorifero per un massimo di 10 giorni, coperto da un filo d’olio e sigillato in barattoli di vetro a chiusura ermetica. O ancora congelarlo in monoporzioni per averlo a disposizione al bisogno.
Vi ricordiamo che il pesto non va riscaldato e la pasta col pesto non va risottata, il pesto non va in padella!
Il pesto genovese nel robot da cucina.
Se vogliamo fare in un baleno, serviamoci del robot da cucina, anche se il risultato finale si discosterà leggermente dal classico pesto. Mettiamo sul fondo del boccale le foglie pulite e asciutte, i formaggi grattugiati, l’aglio sbucciato, il sale e i pinoli. Chiudiamo con il coperchio e avviamo il motore a scatti in modo che le lame non surriscaldino il basilico. Non dobbiamo frullare, ma sminuzzare. Fermiamoci non appena la consistenza risulta uniforme e aggiungiamo un filo d’olio. Mescoliamo con un cucchiaio per distribuirlo e gustiamoci un ottimo primo!
Le dosi sono state prese dalla ricetta del pesto al mortaio del campionato mondiale.
Ora corro a godermi il mio pesto, non prima di invitarmi a seguire la mia pagina Facebook – Pane e Mortadella