L’amatriciana: la ricetta originale

L’amatriciana: la ricetta originale

Guanciale, pomodori, pecorino romano fanno della amatriciana un vessillo di italianità nel mondo.

Questo piatto è stato celebrato a livello filatelico con un francobollo da 60 centesimi a lui dedicato nel 2008 e questi sono gli ingredienti di una ricetta codificata nella De.C.O., un acronimo che sta per Denominazione Comunale, ossia un disciplinare approvato per legge che determina la valorizzazione agroalimentari della tradizione.

Nel 2015 Amatrice vi aderisce e aggiunge la sua tolleranza (e condiscendenza) per una spolverata di peperoncino e un goccio di vino bianco per sfumare. E così, questa ricetta dalle origini antiche è entrata ufficialmente nella storia della cucina. Ma c’è molto di più da sapere!

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L’amatriciana: la ricetta originale

 

Un po’ di storia

Sulla derivazione del nome non ci sono dubbi: l’amatriciana affonda le sue radici ad Amatrice, piccolo comune a cavallo tra le Marche, l’Abruzzo, il Lazio e l’Umbria.

Una terra difficile, abitata da un popolo orgoglioso e coriaceo. Sconquassata da un violento terremoto nel 2016, si è risollevato con una dignità e una capacità di rinascita invidiabile e ammirevole. E il 13 marzo del 2020 vede il suo piatto simbolo, inserito e regolamentato dall’iscrizione all’STG, il registro delle Specialità tradizionali garantite dall’Unione Europea. È il trionfo dell’italianità e della gente di Amatrice nel mondo!

Zona di pastori, da sempre abituati a fare i conti con la Natura, più Matrigna che Madre da quelle parti.

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Dai tempi dei Sabini, primi abitanti dei luoghi, erano soliti spostarsi alla ricerca dei pascoli migliori. Nella bisaccia i prodotti a lunga conservazione: guanciale e pecorino, si mantenevano inalterati nel tempo, erano nutrienti, ritempranti. Dalla loro unione nasce la Gricia, la mamma della amatriciana, o amatriciana bianca.

La “scoperta” del pomodoro

Siamo alla fine del 1700 e sbarca nel Regno di Napoli un ortaggio particolarissimo: il pomodoro. Arriva dall’America, e, benché importato in Europa ai primi del 1500, non si era ancora diffuso in maniera capillare. Ma sulle pendici del Vesuvio, vicino al Sarno, a San Marzano, le piantine attecchiscono a meraviglia e il gusto pieno e rotondo convince tutti della bontà di questa “scoperta”. Si inizia così a cuocerlo per farne un ottimo sugo che entra a gamba tesa a modificare le ricette classiche per condire i vermicelli, gli antenati degli spaghetti ai tempi dei Borboni. La Gricia si veste di porpora. Il matrimonio si celebra ad Amatrice, nasce così: l’amatriciana.

È Francesco Leonardi, un noto cuoco romano alla corte di Papa Pio VII a servirla in pompa magna, nel 1816, ad un banchetto, decretandone il successo.

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Questa la storia, poi esiste anche la leggenda, come si conviene a chi entra nel mito. Nel 1870, Anna De Angelis, in Baiocchi, una donna coraggiosa, avventuriera e intraprendente, parte da Amatrice con un fagottino contenente pomodori, guanciale e pecorino per andare a Roma. Una volta giunta alla vecchia Stazione di Termini, trova alloggio in una locanda dove inizia a preparare il suo sugo per condire la pasta. Gli avventori di passaggio se ne innamorano perdutamente, portando ovunque la fama di questo piatto straordinario. A Roma, l’amatriciana viene “storpiata”, forse per rivendicarne la paternità e si trasforma in matriciana.

La prima citazione storica e quelle successive

La prima stesura ufficiale della ricetta, seppur ancora differente da quella che conosciamo, risale al 1927 per mano di Ada Boni, nota gastronoma. Allora compare il guanciale tritato, non a cubetti, un soffritto di cipolla e strutto e i pomodori pelati. Il condimento si conclude con una grattugiata di pecorino e pepe. Una stesura più vicina a quella poi codificata nel 2020 risale al 1965, nel “La cucina familiare” di Pellaprat con il guanciale a cubetti, la polpa di pomodori spellati, il pecorino grattugiato, il peperoncino oltre alla cipolla, che verrà esclusa nel 1990.

E nella metà del secolo scorso, Aldo Fabrizi, attore romano di nota fama, la porta sul grande schermo in un film dal titolo: ‘Cameriera bella presenza offresi …’ e in un sonetto da lui composto: “La Matriciana mia”. Ecco il testo completo:

Soffriggete in padella staggionata,

cipolla, ojo, zenzero infocato,

mezz’etto de guanciale affumicato

e mezzo de pancetta arotolata.

Ar punto che ‘sta robba è rosolata,

schizzatela d’aceto profumato

e a fiamma viva, quanno è svaporato,

mettete la conserva concentrata.

Appresso er dado che jè dà sapore,

li pommidori freschi San Marzano,

co’ un ciuffo de basilico pe’ odore.

E ammalappena er sugo fa l’occhietti,

assieme a pecorino e parmigiano,

conditece de prescia li spaghetti.

Qui, Fabrizi decanta la sua versione preferita. Noi, però, vi daremo quella ufficiale e approvata dalla Comunità Europea come intoccabile, per la perfezione sinfonica delle note aromatiche.

Manca solo definire quale tipologia di pasta si accorda meglio con questo condimento: per Amatrice non ci sono dubbi, il suo sugo è perfetto con gli spaghetti, a Roma, però, vi consiglierebbero i bucatini.

Vediamo, insieme nel dettaglio la ricetta originale.

I tempi

Preparazione: 10 minuti

Cottura: 25 minuti

Totale: 35 minuti

Gli ingredienti

Per soddisfare 4 persone, procuratevi:

    • 360 gr di spaghetti o bucatini
    • 180 gr di guanciale (1 fetta spessa 1 cm da tagliare a striscioline)
    • 450 ml di pomodori pelati San Marzano
    • 90 – 100 gr di pecorino romano
    • qualche goccia di vino bianco secco
    • 1 peperoncino fresco, q.b.
    • olio extravergine, q.b.
    • sale, q.b.

La preparazione dell’amatriciana

Prima di iniziare, per fare presto, ma bene, mettiamo a bollire un capiente tegame colmo di acqua, leggermente salata. Cerchiamo di essere accorte, la giusta sapidità di questo piatto è già garantita da guanciale e pecorino.

A tal proposito, occupiamoci del guanciale e tagliamolo a listarelle, tutte uguali il più possibile.

Mettiamolo in una padella antiaderente, senza aggiungere olio, burro o strutto ma solo il peperoncino. Rosoliamolo a fiamma dolce in modo che lentamente rilasci il suo grasso. Quando risulta croccante e ben dorato sfumiamo con qualche goccia di vino bianco, facciamo evaporare completamente, poi lo preleviamo e lo tamponiamo con la carta apposita.

Al fondo di cottura lasciato in pentola, aggiungiamo i pomodori, precedentemente schiacciati con una forchetta (oppure con le mani) per ottenere una polpa fine.

Facciamo andare a fiamma allegra per 15/18 minuti. Aggiustiamo il sale, togliamo il peperoncino riportiamo una parte del guanciale nel sugo, facciamo andare per qualche minuto prima di spegnere il fornello. Grattugiamo il pecorino e teniamolo a portata di mano.

Nel mentre caliamo la pasta e cuociamola al dente.

Giunta a cottura, scoliamola e trasferiamola in terrina, cospargiamola col pecorino. Aspettiamo qualche secondo, poi aggiungiamo il sugo per condirla alla perfezione.

Prima di servirla spolveriamo altro pecorino e guarniamola col rimanente guanciale.

La nostra amatriciana è pronta per essere servita!

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